Vicissitudine

Posted by admin on March 1st, 2009 filed in V

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Il termine vicissitudine, utilizzato in tempi moderni per indicare una traversia o una disavventura, deriva dal latino vicis (cambio) con l’aggiunta del suffisso -tudo che lo sostantiva, indicando quindi cambiamento, mutamento. Il concetto aveva una grande rilevanza nella cultura classica, dalle numerose trasformazioni operate da Astarte in alcune versioni del mito fino alla letteratura greca (bastino le Metamorfosi di Ovidio): le religioni misteriche, da molti considerate l’espressione della religiosità classica più vicino alla traccia lasciata dagli infetti notturni nella cultura del bacino mediterraneo, trattano continuativamente il tema della metamorfosi, fino a farne il nocciolo delle loro rivelazioni e il centro della loro filosofia.

Secondo Teone di Smirne, le fasi dell’iniziazione ai misteri corrisponderebbero le fasi del contagio, creando un forte legame tra i due fenomeni.
Queste le quattro fasi che il filosofo individua nella versione più comune dell’Introduzione matematica a Platone:
- una purificazione preliminare ottenuta attraverso varie forme di penitenza e astensione;
- l’iniziazione vera e propria, generalmente un rito celebrato dal sacerdote durante il quale avviene l’unione mistica dell’adepto con il dio e la conseguente rinascita: questa fase è posta in diretta sequenzialità con la precedente astensione e non di rado culmina in un cosiddetto banchetto sacro, successivo ad un’esperienza in cui piacere e terrore si mescolano in uguale misura;
- due fasi di rivelazione, di coscienza, di grado progressivamente più profondo fino a giungere alla verità;
- il sacerdozio, ovvero la piena coscienza del proprio status e della verità, che consente di investire nuovi accoliti.

Tra le cerimonie di cui è pervenuta notizia, molte presentano stretti legami con la carne e con il sangue, con la morte e la rinascita (quasi tutte le figure al centro dei misteri muoiono e ritornano alla vita in un nuovo stato di coscienza, anche se non rinascono mai completamente). Si veda ad esempio il taurobolium, cerimonia in onore della Grande Madre durante la quale il neo accolito veniva inondato del sangue di un toro sgozzato sopra di lui, o i supposti sacrifici umani nell’ambito del culto di Mithra, l’accenno all’infanticidio negli Idilli di Teocrito, o ancora le cruente mattanze con consumazione di carne cruda in onore di Dioniso Omadio.

Proveniente dall’Asia Minore secondo alcuni, completamente greco secondo altri, il culto di Dioniso è profondamente legato a temi di morte e rinascita, di carne e di sangue, di nutrimento e di trasformazione. Prima prova ne è il mito stesso della nascita del dio, nella sua versione più complessa tramandata dagli orfici: la prima forma del dio sarebbe stata infatti quella di Dioniso Zagreo, generato dalla violenza di Zeus in forma di serpente sulla figlia Persefone, dea degli inferi e a sua volta frutto dell’unione incestuosa tra Zeus e sua madre Rea da quel momento chiamata Demetra. Il giovane Dioniso così generato rappresenta una pedina importante nella lotta tra dei e titani, tra la vecchia e la nuova era: i titani avvicinano così il bambino e tentano di adescarlo con doni che diventeranno poi oggetti sacri dei misteri orfici (la trottola, il rombo, la palla, lo specchio, l’astragalo). Il dio tenta di sfuggire trasformandosi in vari animali, ma i titani lo raggiungono ugualmente e, sorprendendolo in forma di toro, lo fanno a pezzi e se ne cibano. La dea Atena, intervenuta, riesce a salvare solo il cuore del bambino e lo riporta al padre, che se ne ciba. Le ossa di Dioniso Zagreo vengono sepolte a Delfi e dalle ceneri dei titani fulminati nasce l’uomo. E’ a questo punto che il mistero orfico si raccorda con la versione tradizionale del mito: il dio del cielo genera un nuovo Dioniso con la mortale Semele (o Selene secondo alcuni), che muore a metà della gravidanza per aver visto la vera forma di Zeus. Il dio allora porta a compimento personalmente la gestazione del piccolo Dioniso nascondendolo nella propria coscia.
Nel sistema dei Tarocchi di Thoth, Dioniso Zagreo viene identificato con il primo degli arcani maggiori, il Matto, e ai misteri dionisiaci è legata la Regina di Bastoni, che Lady Frieda Harris raffigura con i suoi attributi. La carta simbolo della trasformazione è tuttavia il due di dischi, che non a caso reca il serpente tra due pentacoli. Il motivo per cui l’infezione notturna veniva associata ai serpenti è stato a lungo dibattuto: secondo alcuni, la chiave della questione sarebbe proprio la vicissitudine, la trasformazione, per via dell’abitudine del serpente di mutare la pelle. Secondo altri, la ragione sarebbe da ricercarsi nel motivo del morso e del veleno, oltre che nel particolare metabolismo e nel sangue freddo.

L’apparato mitologico attorno ad Astarte e alle sue successive proiezioni, da Inanna a Iside a Seshat, sviscera sorprendentemente quasi tutte le differenti combinazioni della trasformazione: capacità di trasformarsi in animale o di comprenderne il linguaggio, capacità di mutare di stato (trasformarsi in nebbia e in nuvola, in acqua e in sangue o in vino, invulnerabilità alle armi e rigenerazione, capacità di muoversi attraverso i piani dell’esistenza.

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