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- I asked you not to use the word “zombie.” It’s disrespectful. Stumbling around squawking for brains? It’s not how they do. And “undead”? Nobody wants to be “un”-anything. Why begin a statement with a negative? It’s like saying “I don’t disagree.” Just say you agree.
- Are you comfortable with “living dead”?
- You’re either living or your dead. When you’re living, you’re alive. When you’re dead, that’s what you are. But when you’re dead and then you’re not, you’re alive again. Can’t we say “alive again”?


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Shanghai nel 2106
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Nel 1935 una spedizione archeologica guidata dal professor Heinrich Lenzen rinvenne i resti di un’antica città nella terra di Shinar, Mesopotamia. La scoperta passò quasi sotto silenzio. Quattro settimane più tardi, una spedizione congiunta di Lenzen e di alcuni volontari da Gerusalemme accertò che si trattava dei resti di Erech, la città che secondo la leggenda venne costruita da Nimrod dopo la distruzione di Babele e la diaspora delle lingue. Erech veniva indicata dalle fonti Uruk e assire come la città sacra della dea Ishtar, la “città delle prostitute”. Ma alcuni tra gli immortali avevano un’altra leggenda da raccontare.
Quando Heinrich Schliemann rinvenne la città di Troia, svelò al mondo che c’era della verità nei poemi omerici stravolgendo lo studio della storia antica e il rapporto con le fonti. Lo stesso effetto ebbero le scoperte di Shinar su chi era a conoscenza di alcune leggende non prese in considerazione dai maggiori ambienti accademici europei. Alcuni di coloro che credono in Dio o in Javeh sostengono che il primo vampiro fu creato da Dio nel porre su Caino il famoso “marchio”. Sostengono che la città di Caino era Enoch e che da lì provengano tutti i vampiri. Questa teoria è accreditata quanto il creazionismo nelle scuole moderne, ovvero molto più di quanto dovrebbe. Molti altri, tra i vampiri e tra i gruppi di studio che li frequentano, hanno seguito a ritroso le evidenze storiche fino ad  un punto in cui si confondevano con la leggenda, e quel punto era Erech.

map-erech

Alcuni archeologi fanno risalire al 5000 a.C. le prime tracce di individui che acquisivano posizioni di guida civile e religiosa all’interno della società in virtù di particolari facoltà, primi fra tutti il controllo sulle tempeste e sugli animali selvaggi, in una società prevalentemente dedita all’allevamento come quella delle prime civiltà mediorientali. Gli studiosi sono quasi tutti concordi nel far risalire al V millennio a.C. i primi culti sviluppato attorno alle facoltà sovrannaturali di alcuni di coloro che più tardi nella stessa area geografica sarebbero stati definiti vampiri.
Prima del 3200 a.C., si stima che nella sola area mesopotamica gli immortali emofagi fossero il 5% della popolazione totale. Tra il 2900 e il 2370 a.C., la percentuale era salita al 13% e, cosa più importante, si era insediata in alcune tra le posizioni della società in cui i loro talenti erano maggiormente apprezzati. In particolare, nelle posizioni di consiglio e potere erano felicemente insediati gli stregoni, per lo più, mentre la natura maggiormente fisica del potere dei vampiri mutaforma li delegava a ruoli di differente carattere sociale.

Nel 1930, Robert Koldewey ricostruì al museo di Berlino quella che riteneva essere un’immagine piuttosto fedele del cancello di Ishtar a Babilonia, una delle sette meraviglie del mondo. La dea, identificata con il pianeta Venere, presiedeva le sfere dell’amore, della sapienza e della guerra ed era chiamata con molti nomi in altre parti del medio oriente: le più note erano Inanna, figlia della Luna, presso i Sumeri, e Aherah o Astarte più a nord, dove il suo mito sarebbe stato raccolto dai Fenici. Nessuno sa, nemmeno tra gli immortali più antichi, quale fosse il suo vero nome. E se il suo potere fosse sulla mente o sul corpo è stato dibattuto a lungo senza trovare nessuna risposta nell’uno o nell’altro senso. Ciò che si sa e che gli scavi hanno confermato è che intorno al 2300 nella città di Erech qualcuno che tradizionalmente viene identificato con Astarte fondò la prima accademia medica di ricerca sul male dell’immortalità, aperta anche agli emofagi senza nessuna capacità, ai mutaforma. alle immortali di sesso femminile e ai mortali. La sua azione non solo apriva l’istruzione a tutti, ma intendeva porre le premesse per una rottura dello status quo in cui l’alone di mistero che circondava i poteri degli esper e quello di demonizzazione che circondava quello dei mutaforma venisse spezzato per non poter essere più usato come arma di prevaricazione sociale. La mancanza di testimonianze scritte di quel periodo non consente di ricostruire nel dettaglio le reazioni della società a questa nuova istituzione, ma basandosi su testimonianze contemporanee della stessa area geografica gli antropologi sono concordi nel ritenere che i tempi per una tale iniziativa non fossero maturi.
Attorno al 1075 a.C., gli storici registrano che la società tra il Tigri e l’Eufrate era allineata ai principi del Codice di Assura, di cui per la questione in esame è considerato significativo principalmente il punto 47:
«Se una donna pratica la stregoneria, e viene colta con le mani sul fatto, la si persegua e conduca a giudizio e metta a morte»
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Gli storici considerano cosa comune e accettata che una donna venisse infettata dall’immortalità per essere mutaforma, così come tra i servi degli stregoni erano numerose le donne senza alcuna facoltà. Il 19 maggio 1536, quando il re d’Ighilterra portò in giudizio la sua seconda sposa, l’accusa di stregoneria era ancora tra i pretesti favoriti per liberarsi di una figura scomoda. Ma questa è un’altra questione.

Sulla distruzione di Erech non è stato scritto nulla che l’archeologia abbia mai dimostrato, ma i più sono concordi nel ritenere che avesse a che fare con l’interferire in un tabù. Secondo la leggenda, quando il Signore di Ninive seppe della ribellione della sua sposa Astarte non reagì come molti si aspettavano e raggiunse un accordo con la sua sposa: sarebbe rimasta nella sua città nei mesi freddi e all’inizio dell’anno, con la primavera, sarebbe tornata a Ninive. La città delle prostitute visse così per 2106 notti ancora, almeno fino a quando il Signore di Ninive non prese un’altra sposa per i mesi estivi. Le registrazioni della leggenda chiamano Anat questa nuova sposa, feroce e selvaggia guerriera, terrore dei campi di battaglia, legata a violenti culti della carne e del sangue, e sorella di Astarte. La prima notte di luna piena del mese di Ulûlu, verso la fine dell’estate, Erech vedeva la sua festa cittadina e a Ninive si festeggiava per il ritorno della regina. Quella notte, nel ventunesimo giorno del sesto mese lunare, Anat sferrò un attacco ad Erech trovando quasi tutti i cittadini riuniti nelle celebrazioni. Il loro eccidio tinse l’Eufrate di rosso fino a Babilonia e intrise la sabbia, dando origine a pietre rosse che i sumeri avrebbero continuato per secoli a chiamare “le lacrime di Ishtar”. La conclusione della leggenda varia a seconda delle tradizioni che vedono in Astarte e Anat poteri della mente o della carne, ma tutte sono concordi nel riportare uno scontro tra le due sorelle. Alcuni sostengono che fu questo singolo scontro tra le due a distruggere la città di Erech. Secondo altri, Astarte venne sopraffatta dalla sorella che successivamente procedette a radere al suolo l’insediamento ribelle. I più ritengono che il mito incarni un archetipico scontro fratricida tra la mente e il corpo, tra la primavera e l’inverno, e abbia un significato per lo più simbolico. I sostenitori di questa teoria trovano significativo che, secondo la leggenda, il signore di Ninive abbia abbandonato la città non volendo vivere con una sorella che aveva ucciso l’altra. Recenti studi dell’università di Manipal, in India, individuano in uno sconvolgimento climatico l’origine di questo mito di disequilibrio tra le stagioni, e in particolare lo fanno risalire al cosiddetto periodo di surriscaldamento mesolitico atlantico, tra il 5000 e il 4900 a.C.

Alcune tradizioni sostengono che la figlia della luna sfuggì alla sorella e scappò in Egitto: del suo culto si trova traccia in Iside, secondo coloro che la vedono maga, o in Seshat secondo chi la vede dedita alla ricerca e alla scienza. Entrambi i culti in Egitto ebbero intense vicissitudini: Seshat venne lentamente assimiata ad una sua controparte maschile, Thoth, venendo declassata prima a sua figlia e poi a sua sposa. La regina Hatshepsut, che regnò sull’Egitto attorno al 1479 a.C., tentò di ripristinarne il culto innalzandole nuovi santuari dove le sacerdotesse, che mantenevano la loro pelle candida riparandosi dalla luce del sole, venivano iniziate alla matematica, all’astronomia e alla scrittura. Alla sua morte, il nome della regina fu cancellato dalle cronache e i suoi templi quasi completamente abbattuti. Quando a Iside, sopravvisse divenendo un culto misterico e radicandosi profondamente anche nella civiltà greca e romana.
La versione fenicia della leggenda continua raccontando che Anat rimase a Ninive fino alla sua caduta sotto i colpi dei babilonesi e poi si rifugiò a Cartagine dove, sotto il nome di Tanit, il suo culto già prosperava. ll suo simbolo, un ankh con triangolo nella parte inferiore, è ancora usato come riconoscimento in alcuni gruppi legati ai vampiri, contrapposto all’ankh di Astarte usato da altri.
Quanto al Signore di Ninive, il suo nome è andato perduto e il suo titolo è sopravvissuto ai secoli nella sua forma semitica, בעל, la cui traslitterazione è Ba’al. Ma questa è un’altra e più oscura faccenda.

Nell’incontrare la civiltà greca prima e romana poi, il culto di Astarte divenne un filone di pensiero riguardo alla natura e all’imortalità, ma intorno al V secolo a.C. incontrò per la prima volta la testimonianza di un altro genere di esseri. Accennava Erodoto di Alicarnasso tra il 431 e il 425 a.C.: «Dicono infatti gli Sciiti e gli Elleni residenti nella Scizia, che una volta ogni anno ciascun uomo dei Neuri diventi per pochi giorni lupo e che poi riprenda nuovamente il suo aspetto. Io di questa asserzione non sono persuaso; tuttavia così dicono, e giurano su questo» (Erodoto, Storie: IV, 105-2).

Meno scettico e più prolisso era lo storico Zeteone, contemporaneo di Erodoto o – secondo recenti controverse teorie – pseudonimo dello stesso: «Una generazione prima di Dario, i Neuri furono costretti ad abbandonare la loro terra perché scacciati da coloro che vi abitavano. Dicono gli Sciti che uno strano malanno fosse sorto infatti tra i Neuri e che costoro avessero contratto un insano male e l’attrazione a nutrirsi della carne umana condivisa dai vicini androfagi scitii. Questo e altro provocò che la loro terra si produsse molti serpenti, e il più gran numero piombò loro dalle terre vicine, sì che furono costretti a trovare rifugio presso i Budini.» (Zeteone, prima versione del secondo frammento, rinvenuto da I.A. Stempkovsky nel 1823 durante gli scavi della città di Tanaïs). Si sarebbe dovuto attendere lo storico svedese Olof von Dalin per accertare definitivamente l’identità tra i Neuri e gli antenati delle popolazioni finniche, cui è ricondotta l’origine del ceppo dei mutaforma diurni comunemente definiti berserker o, più prosaicamente, licantropi (Svearikes Historia Volume 1, 1747). E’ comunque assai probabile che all’epoca di Erodoto e Zeteone, l’esistenza di un mannaro fosse accreditata quanto lo è oggi quella di uno zombie: la loro rimane tuttavia la prima menzione dell’altro ceppo. D’altro canto, la cultura nordica reca sin dalle sue origini testimonianze di immortali emofagi come i draugr che, come analizzato dal professor John Tanke, mantengono un’associazione di fondo con l’area dei rettili. Secondo alcuni studiosi, questo rapporto di non reciprocità nelle testimonianze sarebbe indice di una successiva evoluzione in fase di migrazione già avanzata, piuttosto che di un’espulsione dei mutaforma diurni dall’area mediorientale. Secondo altri, questa teoria non terrebbe in sufficiente considerazione quanto riportato da Erodoto e Zeteone riguardo alla cacciata dei Neuri. In ogni caso, il primo contatto documentato tra immortali notturni, risalente al 79 d.C., portava con sé un pregiudizio fatto di antiche cronache e leggende, ma si cibava anche della rivalità tra esper e mutaforma che sta alla base della leggenda di Anat e Astarte. Almeno fino alla seconda metà del 1600 la società europea continuò tradizionalmente a destinare i mutaforma al ruolo di subalterni nelle questioni militari e le mutaforma al ruolo di intrattenitrici, o viceversa. La supremazia dei poteri della mente su quelli del corpo si radicò nella cultura e fu difficile da rovesciare. Il primo mutaforma ad essere nominato dagli storici per motivi che non siano bellici risale al 1430. Per la prima mutaforma bisognerà aspettare il 1643.
Con la controriforma, la persecuzione sistematica di forme di pensiero e sistemi di credenze alternative llo status quo, paradossalmente, favorì un cambiamento. Alcuni immortali, quelli che sarebbero poi sopravvissuti, si organizzarono in piccoli gruppi autonomi che alcuni storici chiamano “branchi”: alcuni di questi gruppi erano costituiti da vampiri con le medesime capacità, ma la maggior parte di essi tentò di sfruttare l’eterogeneità per sopravvivere. Circoli culturali e artistici, società segrete, gruppi di ricerca alchemica, esoterica, demonologica e medica, bande organizzate: i “branchi” potevano avere obiettivi e interessi diversi, ma molti di loro erano intenzionati a liberarsi della tradizione e ad appropriarsi di una visione diversa del mondo. Ed è probabilmente grazie a questo che alcuni di questi gruppi sono sopravvissuti fino ad oggi.

Perché io sono la prima e l’ultima
Io sono la venerata e la disprezzata,
Io sono la prostituta e la santa,
Io sono la sposa e la vergine,
Io sono la madre e la figlia,
Io sono le braccia di mia madre,
Io sono la sterile, eppure sono numerosi i miei figli,
Io sono la donna sposata e la nubile,
Io sono Colei che dà alla luce e Colei che non ha mai partorito,
Io sono la consolazione dei dolori del parto.
Io sono la sposa e lo sposo,
E fu il mio uomo che nutrì la mia fertilità,
Io sono la Madre di mio padre,
Io sono la sorella di mio marito,
Ed egli è il mio figliolo respinto.
Rispettatemi sempre,
Poiché io sono la Scandalosa e la Magnifica.

Inno a Iside, III-IV secolo a.C. (rinvenuto a Nag Hammâdi, Egitto)

Nel 1846, l’astronomo francese Frédéric Petit, allora direttore dell’osservatorio di Tolosa, annunciò di aver scoperto un secondo satellite della terra, in orbita ellittica attorno al nostro pianeta. Nonostante la presenza di tre testimoni al momento dell’osservazione del satellite durante una particolare fase di transito, non fu in grado di portare sufficienti prove a supporto della sua teoria e la sua credibilità professionale venne compromessa. La sua posizione venne irreversibilmente screditata quando la notizia del secondo satellite giunse all’attenzione di uno scrittore di fantascienza che usò il corpo celeste in uno dei suoi romanzi di maggiore successo. Lo scrittore era Jules Verne. Il romanzo, Dalla Terra alla Luna.
L’enorme risonanza del libro diede impulso ad una serie di ricerche da parte di astronomi ed astrologi dilettanti ma dopo l’ennesimo falso allarme, nel 1898, la comunità scientifica abbandonò la ricerca del satellite oscuro.
Nel 1918, l’astrologo Walter Gorn Old meglio noto come Sepharial annunciò di aver scoperto una seconda luna, una luna cui la luce riflessa del sole non giungeva mai e che per questo era sino ad ora sfuggita all’osservazione. Chiamò Lilith questa luna, in onore del demone delle tempeste לילית, colei che secondo l’epopea di Gilgamesh rifugge la luce del sole. Se Sepharial avesse realmente osservato il corpo celeste o meno è controverso. Secondo alcuni, le sue affermazioni miravano ad attirare l’attenzione di un gruppo di astronomi a lui contemporaneo che si muoveva ed operava a Londra ma non era incline ad accettare tra le sue fila un nuovo arrivato la cui produzione più significativa per il momento riguardava esclusivamente la numerologia. Battezzare l’ipotetico nuovo satellite con il nome della demonessa Lilith, figura mitologica legata alla notte, alla morte e alle tempeste, era inteso come segno di rispetto e come omaggio, basandosi sul fatto che il mito di Lilith, come quello di Astarte, era particolarmente caro a quello e ad altri analoghi gruppi di studiosi. Semplicemente dai successivi sviluppi della biografia di Sepharial e della sua consorte Helena Blavatsky, è difficile stabilire se la sua manovra abbia avuto successo o meno. Difficilmente questo può essere considerato un punto di interesse nella presente dissertazione. E difficilmente qualcuno avrebbe considerato di un qualche interesse qualunque parte della storia del satellite fantasma, non dopo il 1969 quando la corsa alla Luna tra Stati Uniti e Unione Sovietica culminò con l’atterraggio dell’Apollo 11. O forse no?

Nel 1974, due anni dopo i tagli al programma spaziale statunitense e l’ultima missione degli Apollo, l’ignaro mortale Bill Kaysing pubblicò il suo libro di denuncia We Never Went to the Moon: America’s Thirty Billion Dollar Swindle. E in qualcuno iniziò a germogliare il dubbio.
Nel 1975, al lancio del primo satellite indiano Aryabhata dalla base di Kapustin Yar, il presidente del programma spaziale indiano Vikram Sarabhai non credette ai dati che venivano resituiti. Dovette attendere fino al 1980 con il lancio del secondo satellite, il Rohini-1, per iniziare a stendere un dossier che avrebbe tenuto segreto fino alla morte, ben sapendo che diffonderlo avrebbe screditato il suo programma spaziale così come la stessa scoperta aveva, un secolo prima, rovinato la carriera di un eminente astronomo francese. Il fascicolo portava un numero e si sforzava di rimanere anonimo nel portfolio di altri rapporti ad alta segretezza. Tuttavia iniziò ad essere chiamato il “rapporto Kali Puja”, dal nome della dea Hindu della distruzione nella sua manifestazione lunare. In versioni mutilate e apocrife, il rapporto iniziò a circolare su internet e in alcuni ambienti di studio astronomico non convenzionale, alcuni dei quali contavano tra i loro studiosi diversi astronomi in grado di ricordare la strana vicenda di Frédéric Petit e del satellite Lilith.
Dopo mezzo secolo di chiacchiere e le prime forti evidenze apportate dal lancio della sonda CZ-5/E del 2012, al lancio della quarta fase del programma lunare cinese alcuni dei membri del comitato scientifico sapevano già che cosa aspettarsi. Il primo contatto con il satellite oscuro della Terra venne finalizzato nel 2047. Al termine del XXI secolo, il governo di Pechino stabilì su Lilith la sua prima base, chiamata Chang’e. Nel 2106, aprì lo spazioporto di Shanghai e Chang’e era divenuta una città orbitante su cui la luce riflessa del sole non si posava mai. E questo a molti abitanti del pianeta terra parve interessante.